Perché adottare il modello 231?

di Guido Sola*

Ci si chiede spesso (lo si fa quando si ragiona di certificazioni e, più in generale, di compliance; ma lo si fa anche quando si ragiona, ad esempio, di privacy, di cybersecurity, di tax compliance, di sostenibilità, ecc.) che cosa sia un modello 231 e quali ne siano le logiche.

Questa seconda domanda è destinata a trovare facile risposta: ciò che il legislatore del modello 231 intende(va) contrastare è la c.d. criminalità d’impresa: le persone fisiche che operano in nome e per conto delle aziende, in altre parole, non devono poter commettere reati nell’interesse/a vantaggio delle stesse e soprattutto, nell’indifferenza organizzativa e gestionale delle medesime.

L’ordine economico e la concorrenza, insomma, non devono poter essere impunemente alterati dalle aziende, pena l’irrogazione in danno delle stesse di penetranti sanzioni, interdittive e pecuniarie, da parte del giudice penale.

La prima domanda (che cos’è un modello 231?), invece, è solo apparentemente più complessa, perché un modello 231, a ben guardare, non è altro che un semplice documento.

Un semplice documento giuridico che consta d’una parte generale e di più parti speciali, alle quali si vanno ad affiancare codice etico e sistema disciplinare.

Mentre il primo (il codice etico) rappresenta il locus ove l’azienda può riunire i propri valori, con ciò raccontando se stessa, la propria storia e la propria mission da innovativo e certamente moderno angolo visuale, il secondo (il sistema disciplinare) va ad integrare l’impianto sanzionatorio che già deriva da codice civile, c.d. statuto dei lavoratori e contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento, con ciò permettendo all’azienda di sanzionare le violazioni del modello 231 anche laddove le stesse non abbiano raggiunto la soglia di ciò che è penalmente rilevante (anche laddove dalle stesse, cioè, non sia derivata la commissione d’un reato).

A chiusura del cerchio, si pongono quindi protocolli e procedure.

Su questo specifico punto, sicuramente importante quando si ragiona di modelli 231, occorre fare chiarezza.

Complice anche un non chiarissimo dettato legislativo, nella prassi, i due termini (protocollo e procedura) sono sovente utilizzati come sinonimi.

E, però, mentre un protocollo rappresenta un insieme di norme che contrassegnano principi organizzativi minimi, una procedura è un documento che, declinando lo specifico protocollo di riferimento, chiarisce chi fa che cosa e come (ovvero e detto in altri termini, chiarisce chi e come è chiamato ad applicare in concreto le norme contenute nello specifico protocollo di riferimento).

Facciamo un esempio costruito a partire dal rischio che, nell’ambito della quotidiana operatività aziendale, venga ad essere commesso un reato tributario che, quale quello passato in rassegna dall’articolo 2 decreto legislativo 10 marzo 2000, numero 74 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), sarebbe gravemente punito da parte del giudice penale.

In questo caso, mentre le norme contenute nel protocollo chiamerebbero l’azienda a definire a monte le modalità delle verifiche di coerenza tra spese sostenute, attività lavorative svolte e relativa documentazione di supporto, nonché delle verifiche aventi ad oggetto la completa e accurata rendicontazione dei giustificativi relativi alle spese di trasferta, la relativa procedura andrebbe a definire, ad esempio, chi, in concreto, sarebbe chiamato a curare gli adempimenti relativi alle dichiarazioni IVA, alla determinazione della base imponibile IRES e IRAP, al calcolo d’ulteriori imposte, etc. e, soprattutto, andrebbe a definire come tutto questo dovrebbe essere fatto nell’ambito della specifica realtà aziendale di riferimento.

La qual cosa garantisce altresì quella sartorialità che, perché il modello 231 possa davvero essere giudicato idoneo ed efficace da parte del giudice penale, deve sempre contrassegnare lo stesso.

Quanto precede, sotto altro e parimenti fondamentale profilo, peraltro, permette di comprendere altresì la ragione per la quale uno strumento (il modello 231) nato per scudare imprenditori ed imprese nella patologia (vale a dire laddove, nella quotidiana operatività aziendale, venga ad essere commesso un reato), è diventato, negli anni, sempre più uno strumento utile soprattutto nella fisiologia: stabilire chi fa che cosa e come, infatti, significa organizzare/riorganizzare in modo efficiente i processi della propria azienda, con ciò garantendo precisione gestionale, ordine documentale e completa tracciabilità ex post di decisioni e azioni.

In una parola, significa garantire che quanto deciso a monte dagli amministratori in punto di formazione e attuazione delle decisioni dell’ente venga trasmesso a valle in modo corretto, con tutto ciò che ne consegue sul piano proprio del rapporto decisioni-azioni.

*articolo scritto con la collaborazione di Nicolò Superbi del focus team 231 di SC Avvocati Associati

 

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